lunedì 2 luglio 2007

Fatti gli italiani, a quando l'Italia?

Ma, in definitiva, perchè noi meridionali siamo così istintivamente, visceralmente legati al Paese Italia inteso nell'accezione centralista post-unitaria e, soprattutto, assistenzialistica post-bellica?
E' strano, perchè, ad essere lucidi, non sono pochi coloro i quali auspicano maggiore autonomia addirittura rispetto alle dinamiche regionali; però appena qualcuno propone di accentuare le caratteristiche federali dello Stato ci si irrigidisce in tanti.
Eppure uno Stato federale gioverebbe a tutti.
Certo, quella storica di Miglio - riproposta oggi da Borghezio- del Parlemento del Sud pare più una provocazione che altro, ma è certo che, entro certi limiti, con riserva esclusiva di materie come la sicurezza, la scuola, ma anche buona parte della redistribuzione fiscale, un sano federalismo potrebbe solo fare bene, anche alle zone del Paese più depresse.
Anni fa più di qualcuno si scandalizzò rispetto alle cosiddette "gabbie salariali"; certo, si tratta di un concetto da far digerire con calma e nel tempo, ma concettualmente è degno di essere preso in considerazione, al pari - di converso- di quello relativo ad una perequazione rispetto alle dinamiche di accesso al credito, così profondamente diverse tra Nord e Sud.
Ma un Paese che si rispetti e che, finalmente, voglia definirsi tale, deve avere il coraggio di difendere tutti, ma anche di rispettare tutte le diverse realtà, esigenze, conformazioni socio-economico-culturali.
Solo allora potremo dire di avere fatto l'Italia.
Perchè, probabilmente, il problema è esattamente il contrario di quello prospettato quasi 150 anni fa da Massimo D'Azeglio: fatti gli italiani, è ora di fare l'Italia