martedì 9 dicembre 2008

C'è una Viola che vive su facebook!



di Giusva Branca - nella foto Mark Campanaro - Ce lo hanno spiegato in tutte le salse, anche se, presuntuosamente, noi di strill.it non ne avevamo bisogno: non si può più prescindere dalla rete. Non solo per veicolare notizie, informazioni, ma anche - o soprattutto - per capire i pensieri, gli umori, i desideri della gente.D'altra parte se Obama è il primo Presidente Usa targato, in qualche modo, facebook, il medesimo social network qualcosa vorrà dire in alcuni suoi dati.Su facebook,appunto, in pochi giorni il gruppo "nostalgici della Viola" ha raggiunto quasi 700 iscritti, continuamente in aumento. Anche nomi storici come Santoro, Rifatti, Tolotti, Bullara, Blanchard ne sono coinvolti, per un cuore, quello neroarancio che - incredibilmente - batte ancora.Reggio è una città strana, si riscalda a fatica, salvo poi incendiarsi all'improvviso e, soprattutto, vive maledettamente di nostalgie.Inutile negarlo, pur nel silenzio generale - e colpevole - un pilastro della storia cittadina (non solo sportiva, anzi prima sociale e poi sportiva) di oltre 30 anni manca a tutti.La Viola basket, però, non è stata una squadra; piuttosto è stata un'idea, un modo di vivere, di essere, un sistema per sentirsi comunità quando ogni cosa intorno a noi di Reggio faceva in modo che questo sentimento di comunità venisse disgregato, frantumato, sbriciolato ogni giorno.Viola è stato per decenni, per tanti, un modo per poter dire - per una volta non a bassa voce - "sono di Reggio Calabria".Pochino per una comunità che pretenda di dirsi civile?Può darsi, ma era l'unica cosa. Facile oggi, per chi non c'era sugli spalti ma non c'era nemmeno per le strade con i morti ammazzati, dire che era solo una squadra di basket.No, la Viola non è mai stata una squadra di basket; la Viola ha rappresentato la via di fuga, con i pensieri, quello scoglio al di là della burrasca - interminabile - al quale appigliarsi; la Viola è stata - a detta dello stesso Lillo Foti - l'esempio di conduzione di management sportivo al quale poi si ispirò la giovanissima Reggina Calcio; la Viola è stato lo straordinario testimonial sociologico che "anche a Reggio si poteva". Si poteva sfidare Milano e Bologna, Roma e Treviso, senza paura, uscendone spesso felici e vincenti; e sul piano della convinzione, negli anni, questo ha contribuito non poco a riannodare i fili del corto circuito storico generato dal post-rivolta e dagli anni tragici settanta-ottanta.Alla Reggio delle persone per bene e semplici a lungo non è rimasto altro; questa Reggio per decenni ha vissuto di Viola, sette giorni, nei cuori e nelle passioni di migliaia di persone che magari non hanno mai messo piede in uno dei tre campi (Scatolone, Botteghelle e Pentimele, se non è un record anche questo...), ma che restavano incollatie alla radiolina senza nemmeno respirare.Per generazioni di giovanissimi reggini che praticavano basket l'ambizione massima era vestire, anche solo per una volta, la canotta delle giovanili nero-arancio.A nessuno in città erano ignoti i nomi di Santoro e Bullara, Bianchi e Rossi, Avenia e Tolotti, Porto e Bryant, Laganà e Kupec, Campanaro, Hughes, Sconochini, Ginobili, Rifatti, Garrett, Young, Zorzi e Gebbia, Recalcati, Benvenuti, Lardo.E questa Viola - anno dopo anno grazie a personaggi come Viola e Tuccio, De Carlo e Scambia e poi Versace, Silipo, Abenavoli - creò, trainandolo, un intero cosmo di pallacanestro "minore" (che brutto termine per una cosa nobilissima). Una Viola che, per anni, si mantenne in piedi grazie alla passione di gente reggina, umile e capace, laboriosa e passionale.Favano, Messineo, Raineri, Morabito, Placanica, Falcomatà sono solo alcuni di questi e la loro attività per la città è meritoria altamente, al pari, in maniera parallela, ad esempio, di quella della famiglia Sant'Ambrogio, Ileano e Enza in testa, Franco, Sergio, Cesare e Carlo subito a seguire. Una Viola che produsse anche un'intera generazione di giovani tecnici. Nomi come Iracà, Benedetto, Bianchi, Tripodi, Romeo dicono ancora tanto nel panorama cestistico regionale e non solo (Bianchi e Benedetto, ad esempio, guidano Imola e Latina, in Legadue e A dilettanti)La Viola è morta, sul piano tecnico-agonistico. La Viola è ben viva nei cuori, perchè i valori non muoiono ed allora, in questo senso, aveva ragione il capitano storico della Viola, Sandro Santoro, capitano di quella Viola che passava da una tempesta all'altra, quando diceva che "qui non si muore mai..."Una Viola che, come una maledizione, come un perfido sortilegio, ha legato la sua storia anche a morti incomprensibili che si sono portate via De Carlo e Fulco, Mazzetto e Rappoccio e, da ultimo, Condello. Giocatori, dirigenti e tifosi, tutti tristemente livellati anzitempo.La foto ritrae un Mark Campanaro in perfetta forma, a 25 anni esatti dallo storico esordio in A2, dove proprio Campanaro quella Viola ce la portò di peso.Non sembri un'eresia: l'anima della Viola, anche lei, è in forma smagliante.E se...

sabato 6 dicembre 2008

Il re è nudo affacciannose ar palazzo...


da http://www.strill.it/ - "Ufficio vilipeso dalle perquisizioni", addirittura "pm denudati per essere perquisiti".Questa - secondo quanto si apprende da http://www.repubblica.it/ - la sintesi delle rimostranze portate a Roma, al Csm, dai vertici della Procura di Catanzaro con riferimento alla clamorosa iniziativa di indagine realizzata nei loro confronti dai colleghi della Procura di Salerno.Sarà che l'aria in Calabria - anche sul fronte-giustizia - è irrespirabile da anni; sarà che da troppo tempo (a mezza lingua, come si faceva in epoche medievali quando si parlava del signorotto proprietario di terre e, soprattutto, dei destini degli uomini) i normali cittadini calabresi convivono con l'amara sensazione - come fosse un retrogusto - di amministrazione della giustizia con crescente autoritarismo e decrecente autorevolezza; sarà quel che sarà, ma in maniera latente si avverte un senso di fastidio.Un senso di fastidio rispetto alla reazione scomposta dei magistrati di Catanzaro; nel merito deciderà (???) chi di competenza, ma ciò che infastidisce sono i metodi. Una sorta di conseguenza della lesa maestà alla quale, pur senza mai dirlo apertamente, i magistrati catanzaresi fanno riferimento.Parlare di ufficio vilipeso e addirittura di perquisizioni corporali con quei toni, automaticamente delegittima - questo si - da oggi in poi tutti gli altri provvedimenti di sequestro e perquisizione, anche corporale, che ogni giorno sono ordinati dalle Procure del Paese, con in testa proprio quella di Catanzaro.A meno che - e torniamo alla lesa maestà - non si chieda, ormai sempre meno a bassa voce, di sancire il reato, appunto, di lesa maestà e di specificare che ciò che conta non è più la legittimità dell'atto posto in essere, ma il destinatario e, con la sua individuazione, anche le modalità dell'atto medesimo.Ci hanno spiegato, sui libri e nelle sentenze, che il ricorso a tali mezzi di acquisizione delle fonti di prova nel nosto ordinamento di diritto è, certamente, una compressione della sfera personale e privata; compressione, tuttavia, necessaria per la tutela del bene collettivo che è sempre primario.Ci hanno detto che tale valutazione permane esclusivamente in capo ai titolari dell'azione penale ed ai giudici che, di volta in volta, autorizzano gli atti posti in essere.Ci hanno sottolineato che, rispetto all'accertamento dei fatti, nulla deve frapporsi sul cammino dell'acquisizione degli elementi che diventeranno fonti di prova.E proprio in ossequio a questo principio ogni giorno, in quel che resta di questa Repubblica, un certo numero di persone vengono tirate giù dal letto all'alba, viene rovistato nei loro cassetti sotto gli occhi attoniti dei familiari in pigiama; persone che vengono, se del caso, anche fatte denudare.E capita a tanti: sbandati e borghesi, delinquenti abituali e professionisti.Senza sconti per nessuno rispetto all'esigenza primaria di ricerca della verità.Tutti si sentono profondamente feriti nell'intimo, ma nessuno si è mai sognato di gridare al mondo di sentirsi vilipeso.Ma nessuna di queste persone - evidentemente - si è mai sentita come un re.Quel sovrano che ora è nudo ma che, in Calabria, con parole, atteggiamenti, opere ed omissioni, troppe, troppe volte ha urlato in faccia a tutti "affacciannose ar palazzo: io sò io e voi nun siete un cazzo..."

venerdì 5 dicembre 2008

In nome del popolo italiano?



Troppo tardi. Fuori tempo massimo. L’uscita dell’Anm che, rispetto al “pasticciaccio brutto” tra le Procure di Salerno e Catanzaro tuona, al pari del Capo dello Stato, ricordando che “ne va della credibilità della funzione giudiziaria”.
E se, per bocca di Luca Palamara, l’Anm si definisce “sgomenta per ciò che sta accadendo” in tanti, tutti coloro che conoscono uomini e cose calabresi e, soprattutto, della storia della magistratura calabrese degli ultimi decenni non sorridono, ma ridono di gusto. A crepapelle.
Eh si, perché con i termini “caso-Reggio”, “caso-Calabria”, “Procure dei veleni” i cittadini calabresi hanno fatto l’abitudine da oltre un ventennio, al pari dell’assordante silenzio di Csm e Anm, di Capi di Stato e Ministri.
Il Ministro della Giustizia di fine 2008, Alfano, parla di “onta per l’intero sistema giudiziario”.
Oggi, improvvisamente, l’Anm si ricorda che c’è una credibilità da tutelare, il Presidente della Repubblica si accorge che si tratta di una situazione senza precedenti.
Già, ma in tutti questi anni, nei mesi scorsi, tra corvi e microspie, tra veleni ed avocazioni strane, in questo tragico balletto tra i palazzi di Reggio e Catanzaro di precedenti se ne sono visti tanti, troppi per non credere che la credibilità della giustizia calabrese sia andata in frantumi lustro dopo lustro nei silenzi – incoscienti nella migliore delle ipotesi – di Csm e Anm, di Capi di Stato e Ministri.
Gli stessi, inaccettabili, silenzi che hanno fatto da cornice nelle scorse settimane alle devastanti dichiarazioni di Luigi De Magistris che, fino a prova del contrario, resta comunque un magistrato di questa sgangheratissima Repubblica.
“Una parte della magistratura calabrese non è estranea al sistema criminale”, disse De Magistris ai microfoni di Sky.
“Minchia!” avrebbe detto qualunque Ministro, Presidente di Anm, Csm, semplice magistrato inquirente di un Paese normale. Da noi, invece, non c’era nessuno e se c’erano dormivano.
Meglio così, meglio che lo sgomento arrivi ora, tutto insieme.
Un po’ come il Natale, quando arriva arriva…