mercoledì 30 giugno 2010

Il grande imbroglio di Reggio

da www.strill.it - Mettere il dito nella piaga può essere esercizio stupido ed autolesionista se si ha percezione completa e viva dell’esistenza della piaga medesima, operazione dolorosa ma necessaria se,

invece, per superficialità, comodità o vigliaccheria si mente a sé stessi ed agli altri dicendo che la piaga non c’è.

Ed allora, visto che ci hanno insegnato da piccoli che le cose o si fanno bene o non si fanno, la piaga del “grande imbroglio”, quello relativo all’economia “drogata” di Reggio va attenzionata ancora ed approfondita nelle sue sfaccettature più nascoste.

Non pare validamente controvertibile l’assunto indicato nell’editoriale “Reggio: il grande imbroglio” secondo il quale l’impalcatura che sorregge da anni il benessere reale reggino (e spesso calabrese), spinto ai livelli delle massime espressioni sociali occidentali è in buona parte figlia di un’operazione che l’ha drogata: la continua immissione nel circuito di capitali sporchi, frutto di attività illecite, cosa che genera una situazione, appunto, “drogata” sotto un duplice angolo di visuale.

Quello diretto, costituito dalle numerose attività direttamente o indirettamente riconducibili alle cosche e quello indiretto, rappresentato dalla spropositata quantità di denaro(sporco) a disposizione di una moltitudine di persone e che, in un sistema economico chiuso come il nostro, finisce per restare all’interno del circuito creando benessere del quale si giovano le numerosissime attività d’impresa e di commercio, perfettamente pulite, presenti sul territorio.

Ora, l’aggressione (fin qui appena accennata) della magistratura ai gangli dell’economia schiude, ove, come ci auguriamo dovesse trovare in futuro applicazione compiuta, scenari nuovi e dalle conseguenze rivoluzionarie per gli assetti e gli equilibri socio-economici cittadini.

E, stavolta lo diciamo a chiare lettere, potrebbe essere osteggiata da una parte dell’imprenditoria e della borghesia che, sia pure senza aver nulla a che vedere con la ‘ndrangheta, nella situazione da questa creata ci sguazza per motivi per lo più di positive conseguenze economiche generali, ma non solo.

E’ ben noto, infatti che se da un lato la criminalità strangola un certo tipo di imprese, dall’altro, con l’immissione di soldi che alimentano un certo tipo di consumi nel sistema, rende floride altre attività perfettamente lecite e, tutto sommato, i risultati in termini di consumi collettivi sono ogni giorno sotto gli occhi di tutti.

Un’aggressione sistematica e continua alla disponibilità di capitali da immettere nel sistema, unita ad un’analoga azione nei confronti delle realtà commerciali (si badi bene, quasi mai produttive) controllate dalle cosche attraverso una miriade di insospettati più che insospettabili porterebbe l’economia cittadina (e non solo) all’anno zero.

E qui siamo al nocciolo della questione: siccome la città, da sempre, è bravissima a chiudersi, a far muro rispetto agli interessi, riproducendo in piccolo quanto accade nelle alleanze di ‘ndrangheta, con nemici giurati da tempo pronti ad abbracci improvvisi pur di salvaguardare gli interessi di portafoglio, l’interpretazione di questa (ancora ipotetica situazione) rappresenta le colonne d’Ercole sulle quali rischia di infrangersi ogni sogno di gloria di chi spera ancora in un futuro di resurrezione e in qualche modo di redenzione della città.

Ne siamo certi: questi nostri pezzi saranno presi ad esempio, stravolgendone più che strumentalizzandone il senso, proprio da chi da queste colonne noi vogliamo additare al pubblico ludibrio. Se la Procura di Reggio proseguirà sulla strada intrapresa qualche mente “nobile”, qualche cavaliere senza macchia e senza peccato dirà che è ora di finirla, che anche Strill.it aveva scritto che Pignatone e compagni stanno mettendo in ginocchio l’economia cittadina.

Lo diciamo noi, da queste colonne (non soli ma in compagnia di un numero di compagni tale da non poterci fare nemmeno una partita di basket): è ora di finirla.

E’ ora di finirla di raccontarsi frottole, è ora di finirla con una città che nel suo complesso vive al di sopra delle proprie possibilità (pulite) da decenni. E sapete come si vive al di sopra delle proprie possibilità? In due modi, o facendo debiti o, appunto, sfruttando i capitali sporchi immessi nel sistema.

In entrambi i casi la ‘ndrangheta brinda a champagne, visto che la prima situazione porta dritti i debitori nella tana del lupo a chiedere loro aiuto (soldi), cosa che in breve si tramuterà nel controllo dell’attività da parte delle cosche, e la seconda, come detto, è generata proprio dalla liquidità prodotta dalle attività illecite e che, vuoi per ignoranza di gente che pare direttamente uscita da una novella di Verga, vuoi per necessità di spendere, finisce, come detto, nel sistema.

Lo ripetiamo: è ora che si scoperchi il pentolone di una città finta, drogata,a costo di dover ripartire da uno scenario quasi post-bellico. Meglio pane e cipolla vero che caviale e champagne figlio di una ricchezza fasulla in una città che, tra l’altro, non producendo nulla, da qualche tempo si è inventata il boom delle società di servizi, cosa che, in un sistema chiuso, può rappresentare una parte importante, ma a condizione che i capitali necessari per generare la crescente domanda di servizi medesimi provengano dalla produzione e dalla commercializzazione su un mercato esterno di qualcosa. In caso contrario, e torniamo al punto di partenza come in un perverso Monopoli, solo i soldi sporchi di partenza e puliti in arrivo immessi nel sistema possono sostenerlo.

Ma siamo così certi che tutta la parte buona della città sia disponibile ad accettare l’estremo sacrificio? Siamo così certi che tutti i genitori della media ed alta borghesia abbiano la voglia e la capacità di spiegare ai figli diciottenni che è meglio camminare in autobus piuttosto che in auto da 25.000 euro ma vivere in un contesto migliore, più pulito, eticamente più apprezzabile e che dia contestualmente chances anche a chi, invece, non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena?

Su questo snodo si aggredisce la vera anima, il problema di fondo dell’intera società moderna che, però, in questa fase storica del Paese e, in modo ancora più evidente, della Calabria pare stia raggiungendo la sublimazione. La nostra società, la nostra città, nelle sue parti più influenti pare che abbia da tempo sciolto il dilemma di Erich Fromm scegliendo senza indugio l’avere sull’essere, a qualunque costo, senza curarsi dell’imbarbarimento conseguente per il nucleo sociale ed anche per i singoli.

In quanti, sempre più giovanissimi, non hanno nemmeno lontanamente tra i propri obiettivi di vita quelli legati alla crescita personale, etica, culturale, alla scalata sociale sotto forma di spessore della persona e solo dopo la ricerca – atteso che i livelli minimi di dignitosa vita sociale sono abbondantemente garantiti – anche legittima se perseguita in modo onesto, di miglioramenti sul piano della disponibilità economica?

Quanta gente senza né arte né parte conosciamo? Quanti sono coloro i quali non hanno alcuna collocazione nella scala sociale, sono del tutto privi di basi di conoscenza prima e di cultura poi tali da ritagliarsi uno spazio in società a prescindere dalla cilindrata dall’auto dalla quale scendono e però, nonostante tutto, hanno quest’ambizione sfrenata di essere qualcuno, di apparire, cosa che possono ottenere solo con la tecnica di Mazzarò, accumulando, a qualunque costo, roba su roba?

Solo gli ‘ndranghetisti? Suvvia, non diciamoci ancora un’altra bugia, viviamo uno dei momenti più bui del nostro tempo post-moderno, l’avere ha di gran lunga travolto l’essere in una lotta forse impari ma che per qualcuno, Strill.it è tra questi, vale ancora la pena di combattere gioiosamente, come tutte le battaglie perse.

E chi è senza né arte né parte, chi non è nessuno per la società eppure ambisce ad essere qualcuno quale sistema ha, oltre alla roba, per stare in cima? Ovviamente il potere, ed ecco che allora, anche qui, i personaggi in cerca d’autore, i fenomeni da baraccone della politica (locale e non solo) proliferano giorno per giorno e, naturalmente, non avendo alcuna collocazione sociale, sono pronti a vendere l’anima al diavolo pur di restare a cavallo, altro che 15 assunzioni “vendute” qua o là…

Ma ci siamo mai chiesti in quanti, tra politici ed amministratori, se scendessero dalla giostra, sarebbero dei signor nessuno in città o, peggio, avrebbero il serio problema di trovarsi un lavoro, visto che alle soglie degli “anta” non ne hanno mai fatto uno né, ovviamente, hanno i titoli di studio (in molti casi diplomi comprati a quattro soldi) e le conoscenze per averne uno?

E secondo voi, lettori di Strill.it, tutta questa gente, questa nuova borghesia cittadina, fatta di roba e di potere (spesso da basso impero, quasi da pollaio) come accoglierebbe un’azione della magistratura tesa a scardinare il sistema e, in un colpo, ad azzerare il sistema-roba ed il sistema-potere?

Ecco, siamo arrivati a fine corsa, alle conclusioni del ragionamento e, speriamo, all’innesco di un dibattito dal quale non si può sottrarre un’intellighenzia cittadina ancora esistente, ma afasica, forse in coma e che però viene meno ai propri doveri rendendosi in qualche modo complice.

Noi preferiamo pane e cipolla, preferiamo l’essere, allo champagne, all’avere purchessia. Il coraggio di Pignatone e soci nell’aggredire l’inaggredibile fanno venire a noi di Strill.it, i più giovani, i più inesperti, gli ultimi arrivati nel circuito mediatico regionale, la faccia tosta di urlare che il re è nudo, mentre altri nostri colleghi si spendono nel medesimo tentativo, altri continuano a strombazzare che il re è perfettamente vestito ed altri ancora, mentre passa il re, invece di guardare lui, invitano tutti quanti a girarsi dall’altro lato a guardare il mare…