mercoledì 16 giugno 2010

Bigotti, falsi, immorali, travolti da cazzate, l'apoteosi dei vizi privati e delle pubbliche virtù. Ma cosa siamo diventati?


da www.strill.it - Mia figlia ha poco più di due anni e mezzo e conosce perfettamente la differenza che passa tra il cavallo ed il disegno del cavallo. Ha

definitivamente acquisito il concetto per il quale l’immagine evoca il soggetto ed è, in qualche modo “finta” rispetto all’essenza dell’animale. Sa anche che il disegno può essere molto utile per “fare finta”, per evocare situazioni che, altrimenti – vivaddio – non potrebbero essere realizzate senza danni irreparabili.

In questo Paese qualcuno degli otto-omini-otto che decidono del bene e del male su Facebook ha deciso che la foto che vedete e che anima, identifica e simboleggia la rassegna di Urba/Strill.it, “Tabula rasa” fosse troppo forte ed ha ritenuto ciò sufficiente per cancellare definitivamente ben tre account della manifestazione che in 48 ore avevano raccolto oltre 1500 adesioni.

Ora, il problema – ahinoi – va ben oltre Facebook, del quale, alla fine, pur non disconoscendo la sua straordinaria portata, si può anche fare a meno . Il problema vero siamo noi: ma cosa siamo diventati? Cosa è diventato questo Paese? Cosa ci è successo?

Un Paese di ipocriti di false moralità e bigottismo spinto, il trionfo dei vizi privati e delle pubbliche virtù.

“Tabularasa” nasce da un’idea e da ferrea volontà di Raffaele Mortelliti e del sottoscritto e nasce, evidentemente, spinta da un’esigenza ormai ineludibile che è la medesima simboleggiata in quel meraviglioso scatto. L’esigenza è quella di provare a respirare, di provare ad aprire un varco in questa chiusura totale che la nostra società ci regala quotidianamente imbottendoci a colazione-pranzo-merenda-cena di culi-calciatori-veline-gossip-cantanti-vacanze.

L’altra sera ero in automobile intorno alle 20 ed ascoltavo Radio 24 che a quell’ora ripropone i titoli dei telegiornali appena cominciati. Ebbene, su dieci titoli complessivi di Tg1 e Tg5 ben otto erano dedicati alle tematiche sopra indicate.

E localmente la situazione non è tanto migliore, pur se qualcuno ci prova ogni giorno a scuotere il sistema. Ma non basta, ogni santo giorno siamo travolti da valanghe di cazzate, di cose inutili, di finte tematiche che portano la massima parte della discussione su argomenti assai simili a quello che troviamo nei palinsesti televisivi ad ogni ora.

Fatti privati (e di alcun interesse) elevati a sistema ed a show. Ore intere del tempo di ciascuno di coloro che li guarda (e non sono pochi) trascorse per cercare di capire chi sull’isola dei famosi si è trombato chi…

No, vi prego, ditemi che sto sognando. Ho solo 43 anni e mi accorgo di parlare come un vecchio…ai miei tempi…

Sarà, ma io sono cresciuto – negli anni ’70-’80, mica nel settecento – con i Tg che erano una cosa seria, con le trasmissioni elettorali forse noiose e però maledettamente serie, espressione di una liturgia, quella del voto, che rappresentava qualcosa di sacro perché rappresentava, a sua volta, qualcosa di ancora più sacro, l’unità del Paese.

Sono cresciuto con Guccini e De Gregori, con gli ultimi splendori della carriera di Frank Sinatra e con De Niro.

Con Sordi e Mastroianni, ma anche con Troisi e Verdone, i miei giorni sono stati scanditi da uomini come Spadolini; certo, anche da Andreotti, ma né l’uno né l’altro si sarebbero mai sognati di dare del “coglione” all’elettorato antagonista. Sono cresciuto in un Paese che mai, nemmeno nei momenti più difficili, si è lasciato trasportare dall’isteria collettiva.

Certo, allora il “bavaglio” su alcune tematiche esisteva non per legge ma per prassi diffusa (anche se, sotto questo aspetto, gli anni ’70 hanno rappresentato il massimo della creatività), e però almeno il fronte, la linea dell’argine era unica, non ondivaga, come oggi.

E quindi, con queste premesse, nel Paese dei culi e dei Ministri che sfoggiano magliette contro altre culture giiustificandosi, poi, che trattavasi solo di un gioco (ma ve lo immaginate Cesare Merzagora con una maglietta di quel genere?), non possiamo più accettare inerti e silenti tutto quello che accade e che, soprattutto, non accade.

La nostra rassegna “Tabularasa” vedrà, dal 19 al 22 luglio esibirsi al Circolo del tennis di Reggio Calabria oltre 20 uomini che, a vario titolo, contribuiscono ogni giorno a regalare squarci di verità in un Paese che si chiude sempre di più e che, dopo il ’68 (devastante nelle conseguenze per la comoda esasperazione di alcuni concetti che hanno alimentato una deresponsabilizzazione generalizzata ma assolutamente irrinunciabile per alcune conquiste che i ventenni di oggi reputano scontate) credeva di avere messo in cassaforte alcuni princìpi, ma che si accorge, ogni giorno di più, che in cassaforte, ormai, ci stanno i prìncipi.

Senza peli sulla lingua, prendendo atto che gli spazi sui giornali per i giornalisti veri sono sempre di meno, queste persone con due palle quadre hanno scelto l’editoria (che solo in rarissimi casi porta soddisfazioni economiche), per parlare, denunciare, in qualche caso urlare, giovandosi anche di editori esemplari e coraggiosi, come, ad esempio, Chiarelettere di Lorenzo Fazio.

E così a Reggio saranno di scena Gherardo Colombo e Rosario Priore, Sandro Provvisionato e Attilio Bolzoni, Umberto Ambrosoli e Nicola Biondo, Ferdinando Imposimato e Piergiorgio Morosini, Giovanni Fasanella e Marco Lillo, Giuseppe Salvaggiulo ed Antonio Massari, Umberto Ambrosoli e Letizia Battaglia, ciascuno per raccontare un pezzo di storia del Paese irraccontabile e, quella si, da censurare, ma nell’essenza del cavallo, non certo nella sua rappresentazione, come mia figlia ben sa. Ci sarà anche Massimo Ciancimino, perché l’esigenza di verità viene prima di ogni altra cosa.

Tutto questo in Calabria, per volontà di una semplice associazione, per fare vedere (e le 1500 adesioni raccolte prima che il signor Facebook facesse scattare la mannaia della censura perché la foto poteva turbare qualcuno e continuando, invece, a lasciare attivi decine di profili e gruppi che incitano all’odio razziale, ad uccidere i bimbi down, alla violenza sulle donne, all’antisemitismo, etc.) quale sia l’altra faccia di Reggio, quella che in tanti accusano i media di voler deliberatamente oscurare.

Ed allora, come media (e lasciatemelo dire in uno slancio di autoreferenzialismo, che viva sempre strill.it), come parte di quello straordinario mondo dell’associazionismo reggino, come operatori culturali, come appassionati della verità e della storia, come semplici cittadini, lo facciamo noi.

“A Reggio Calabria tutto ciò?” ha strabuzzato più di qualche ospite o autorevole rappresentante dei media nazionali leggendo il programma.

Sissignore, a Reggio Calabria, per volontà ed impegno di due persone (la strana coppia Branca-Mortelliti) e di un manipolo di ragazzi impagabili e che hanno la scritta strill.it a caratteri di fuoco dentro l’anima.

Ma, soprattutto, perché sono tanti, tantissimi i reggini, i calabresi (e, probabilmente, gli italiani in genere) che chiedono questo tipo di iniziative, ma non hanno voce, perfettamente rappresentati dalla foto dello scandalo.

Ed allora la voce la diamo noi, con la manifestazione (alla quale ha aderito in modo entusiasta e convinto il Circolo del tennis di Reggio, immediatamente disponibile a rendere per 4 giorni meno leggero il programma dei suoi appuntamenti estivi) ed attraverso Strill.it che raggiunge ogni giorno 30.000 utenti.

Lungo la strada stiamo imbarcando, entusiasti, tanti altri rappresentanti di quello spontaneismo etico-culturale che sul territorio sono assai più antichi e meritori di noi ed anche alcuni dei più convinti difensori di quel baluardo concettuale che dovrebbe essere la stampa vecchia maniera; insomma sta nascendo qualcosa di importante che andrà ben al di là della kermesse di luglio, solo primo passo per una stabilizzazione ed una “calabresizzazione” dell’idea, del progetto.

E se qualcuno pensa che tutto questo possa essere in qualche modo condizionato dalla valutazione di una foto, più o meno “sgarbata”, allora, ancora una volta, ha preferito, come ha scritto Raffaele Mortelliti, mandare in mille pezzi contro il muro il termometro piuttosto che chiedersi quali siano le motivazioni, i pericoli ed i possibili rimedi per una febbre che sale ogni giorno di più al punto da far credere al malato che lo stato delle cose sia normale e che tutti gli uomini del mondo vi convivano…