Provavo a riflettere tempo fa (da piccolo ho contratto questa sorta di malattia, per cui ci provo spesso, anche se talora con esiti imbarazzanti...) circa il futuro dell'Europa.
Mi spiego meglio: pensavo a che futuro avremo noi, i nostri figli, i figli dell'Europa. Non era il dato politico che mi interassava, quanto, piuttosto, le prospettive in più che potranno essere cavalcate.
Rispetto a quando, negli anni '70, la mia insegnante di lettere della scuola media ci spiegava cos'era (e cosa avrebbe voluto diventare) l'Europa dei 9 (!!!) di acqua sotto i ponti ne è passata tanta.
L'Europa, pur tra mille difficoltà e vagonate di critiche, spesso strumentali, sta nascendo.
Ma resta da capire quale sarà il ruolo che le singole Nazioni, meglio ancora le singole porzioni di territorio di ogni Stato riusciranno a ritagliarsi.
Insomma, ho il terrore - che spesso veste i panni della certezza- che il Sud, la Calabria, per entrare in Europa dovranno per sempre continuare a prendere un aereo.
La storia infinita dei "corridoi" temo che ci penalizzerà nei secoli dei secoli, per miopia di una classe politica vecchia, che non ha compreso su quali nuovi tavoli si stesse muovendo il futuro e, soprattutto, ha fatto fatica a capire che le meschine logiche da bassa macelleria presto non sarebbero state funzionali nemmeno a gestire quella piccola fetta di potere che - nelle logiche di un domani che è già qui- sarebbe stata insignificante.
Logiche di gestione che, però, porteranno i nostri figli molto più lontani dai centri decisionali di quanto, ad esempio, non lo saranno i Rumeni.
Logiche di gestione di una classe politica che si è venduta il futuro, i sogni, per una manciata di fave, al punto da ritrovarsi come i cani dei bucceri: sporchi di sangue e morti di fame...