venerdì 10 agosto 2007

L'antimafia, i professionisti e gli assenti


Sui movimenti antimafia si possono avere mille idee.

Premetto che il famoso articolo di Leonardo Sciascia del 10 gennaio 1987 sui "professionisti dell'antimafia" che fece gridare allo scandalo lo condivido in massima parte e su questo sono disposto a confrontarmi a condizione che lo si analizzi con serenità, senza pregiudizi e con l'onestà intellettuale necessaria per comprendere a chi Sciascia si riferisse.

Ritengo - quindi- che gli unici professionisti dell'antimafia, legittimati, per professione ad essere, appunto, "anti-mafia" siano i giudici e gli inquirenti che lo fanno per mestiere.

Ritengo, altresì, che tutti gli altri- e sono tanti- che hanno fatto dell'antimafia un mestiere, in un Paese civile non siano accettabili.

Diversa è la situazione di chi, ad esempio, per motivi direttamente dipendenti dalla propria attività, è chiamato ad occuparsi del fenomeno per raccontarlo (giornalisti, storici) o per spiegarlo (sociologi).
Ancora diverso, molto diverso, è l'impegno di coloro i quali, per tensione etico-morale, si dedicano, spesso anima e corpo, a combattere i disvalori di cui le mafie sono portatrici o, meglio, quei disvalori già esistenti nell'humus socio-culturale dei territori dove il cancro attecchisce. Ecco, questa gente, spesso ragazzi, ma non solo, queste persone che non esitano a fare tutta l'Italia per stare assieme, che spendono le loro giornate per ciò che ormai è molto di più che una passione, vanno apprezzate.

Personalmente sono da sempre molto disincantato e non ho mai creduto che le manifestazioni di piazza risolvano qualcosa.

Ma in questo caso è diverso. E' diverso semplicemente perchè le mafie da sempre si nutrono del silenzio, di quella paura sottile che si abbraccia col disinteresse generale.

Ecco che, allora, in questo caso, la prospettiva si rovescia. Essere in piazza, esserci in tanti vuol dire che la vittima ancora non è morta, reagisce.

"Legalitalia", in questi giorni a Reggio Calabria per volontà di "Ammazzateci tutti", ha impresso, in qualche modo una svolta.

Ricordiamoci bene questa data: 9 agosto 2007.
Se qualcosa cambierà nel modo di concepire il rapporto tra 'ndrangheta e territorio;
se - e purtroppo sottolineo se- nel tempo tornerà ad essere ben chiaro nelle teste di tutti che la criminalità depreda il territorio, che è vittima senza "se" e senza "ma";
se sarà chiaro che, pur tra mille e mille modi di concepire ogni cosa, alla fine della fiera il mondo si divide in due uniche categorie, le persone per bene e quelle che non lo sono;
se sarà un dato assodato che le prime non possono avere nulla a che fare con le seconde, mai, mentre tra le prime un punto di contatto si dovrà trovare sempre.

Se, dicevo, se, se...se avverrà tutto questo, l'aver portato in piazza Duomo, dove la storia di Reggio più volte ha girato su sè stessa, gente comune, ragazzi, magistrati, scrittori, giornalisti, preti, vittime, il Sindaco di Reggio, sarà stata la scintilla (anzi l'esplosione).

Nessuno ha voluto mancare, chi è stato impossibilitato a presenziare (come Piero Grasso) ha delegato colleghi eccellenti (il dottore Macrì); lo stesso Prefetto di Reggio Musolino, neo-insediato, ha sottolineato la valenza ed il significato storico della manifestazione.

Ma siccome mi avanza un pizzico di veleno (che volete farci, mentre la vecchiaia incalza il carattere vero viene fuori...) ed i latini mi hanno insegnato che va messo nella coda, mi chiedo: come bisogna leggere l'assenza e, conseguentemente, il silenzio assordante della Regione Calabria alla prima giornata???
In effetti alla seconda giornata c'era Doris Lo Moro, ed ha fatto anche un figurone. Resta da capire, visto che si trattava della serata meno "istituzionale" e dedicata esclusivamente alle donne se ha partecipato in qualità di magistrato, di donna o di assessore regionale...