lunedì 13 agosto 2007

Chi delegittima chi?


Prima di "mani pulite", spartiacque imprescindibile per mille cose nel nostro Paese, alcune buone, altre cattive (la maggior parte lontane dalle luci dei riflettori) a qualunque magistrato di questo Paese fosse stato chiesto un parere su casi dei quali si occupava avrebbe risposto che i giudici "parlano soltanto attraverso gli atti che firmano".

"Mani pulite" e la sua mitizzazione mediatica hanno cambiato tutto.

Prima ad un magistrato non sarebbe importato nulla del consenso o del dissenso che il suo operato ingenerava tra la gente. Prima, la gente i magistrati non li conosceva nemmeno in faccia.

I volti di Sossi, Terranova, Scaglione, Coco sono diventati tristemente famosi soltanto dopo i loro assassinii.

"Mani pulite" ha insegnato che in troppi casi - attenzione alle generalizzazioni perchè sono numerosi i giovani magistrati che continuano ad applicare l'antico principio delle riservatezza dei modi e morigeratezza dei costumi, un esempio su tutti, il pm Woodcock- la caccia al microfono è spasmodica e così si aprono, in maniera incredibile, contenziosi sui giornali piuttosto che a "porta a porta" sull'operato relativo a questa o quella indagine, a questo o quel fascicolo.

Questo è il primo passo per la delegittimazione - termine spesso sbandierato in modo goffo e falsamente meschino- dei magistrati stessi.

Eh si, perchè soltanto i magistrati possono delegittimare i magistrati.

E chiacchierando, parlando - si badi bene dei singoli casi di indagine, non certo in generale- non fanno altro che scendere dal piedistallo dove istituzionalmente devono stare e tuffarsi nell'arena.

L'arena del dibattito, dell'intervista, delle risposte, dei comunicati stampa, dalla quale - per carità- possono anche venir fuori vincenti, ma nella migliore delle ipotesi risulteranno inzaccherati di fango.

E così il pm di Genova che non ha ritenuto di proporre l'arresto per l'omicida della signorina Multari, invece di trincerarsi dietro un dignitosissimo no comment, si richiama prima - genericamente- ad un fantomatico obbligo di legge (inesistente sul piano della esclusività discrezionale della sua valutazione) scatenando un pandemonio politico su un terreno, quello dell'inadeguatezza normativa, comunque realmente accidentato, e poi entra ancor più nel merito sottolineando che gli indizi forniti dalla Polizia non erano sufficienti per giustificare la richiesta di misura cautelare.

Risultato: il capo della Mobile genovese risponde per le rime, in modo durissimo, affermando di avere scritto a chiare lettere che trattavasi di soggetto pericoloso, da arrestare, gravemente indiziato dell'altro omicidio, etc. etc.

Insomma, un Pm ed un alto funzionario di Polizia di questa Repubblica danno vita a mezzo stampa ad una gazzarra indegna, sulla quale, ovviamente - ormai in modo incontrollabile- si avvitano i pareri più vari di politici, avvocati, associazione magistrati, opinionisti dell'ultim'ora e saltimbanchi assortiti.

Ma non sarà che ai magistrati - sissignore, proprio a loro- troppo spesso manca l'alta considerazione del ruolo istituzionale che sono chiamati a svolgere, talvolta a prezzo di grossi sacrifici?
Cioè, se io sono consapevole della mia alta funzione e dell'assoluta intangibilità delle mie scelte, secondo voi, scendo a risse verbali con giornalisti, parlamentari o funzionari di Polizia?

E di questi casi ce ne sono ogni giorno decine grazie a Dio relativi a conseguenze meno gravi, chi delegittima chi??