Non escludo che la mia passione per tutto ciò che è controverso, difficile, apparentemente dannato mi possa condizionare.
Non escludo che il fascino che, da sempre, esercitano su di me Napoli ed i Napoletani possa incidere sull'analisi.
E però io sto con Napoli; io, per quel poco, pochissimo che possa contare, sto con la gente di Napoli.
Nei giorni del delirio, della follia, dell'inferno (niente evoca più un girone dantesco di cataste di rifiuti che bruciano) più di qualche voce - anche autorevole - si è levata dicendo che, in fondo, i Napoletani in qualche modo se lo meritano o se la sono cercata questa situazione da incubo metropolitano.
Chi mi conosce sa quanto io sia duro, a tratti durissimo, nelle valutazioni quotidiane di ciò che accade in questo nostro sgangheratissimo Sud, spesso più carnefice che vittima del proprio destino.
Ma a tutto c'è un limite; se è vero che - come diceva Lincoln- "nessuno è in grado di governare un altro senza il suo consenso" è anche vero il contrario, soprattutto se da parte di chi, nei secoli, avrebbe dovuto governare nulla è arrivato.
Governare significa prima di ogni cosa scegliere. Chi governa, a qualunque livello, prima ancora di fare la cosa giusta, ha il dovere di fare delle scelte. Anche, anzi soprattutto se sono scomode.
Napoli (in realtà non solo Napoli, ma il capoluogo partenopeo è l'emblema di tutto ciò) ha sempre avuto solo disinteresse.
Oggi - in piena emergenza non certo originata dalla gente di Napoli - a loro si chiede senso civico, responsabilità rispetto delle regole, senso del dovere, idea di Stato.
Quello stesso Stato che non è riuscito a dare risposte alle più elementari ed ineludibili esigenze di un territorio: sicurezza, occupazione, lavoro, pulizia.
Non ce ne sono altri pilastri; a Napoli in particolare ed al Sud in genere, sono stati tutti abbattuti, sbriciolati da logiche spartitorie pluridecennali o forse da ricondurre addirittura ai primi tempi della fase postborbonica (anche questa originata da un ribaltone passato sopra la testa della gente, ma questa è un'alra storia).
Destra e sinistra, prima e seconda Repubblica hanno saccheggiato Napoli o, peggio, si sono svenduti alla minoranza che comanda illegalmente e senza scrupoli.
Ed ora si chiede a Napoli di dimostrare il senso dello Stato.
"Colpo di Stato, ma che colpo se lo Stato qui non c'è", cantava Stefano Rosso esattamente 30 anni fa.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma sembra scritta ieri