da http://www.strill.it/ - La Calabria – come sempre – era lontanissima dai fermenti del resto del Paese; le immagini di un'Italia fatta di piombo e sangue, di una comunità che faceva fatica a professare lo slogan “nè con lo Stato nè con le BR” sventolato da “Lotta
Continua” soprattutto se inteso come presa di distanza contemporanea da un certo modo di amministrare lo Stato e la sovversione – attraverso la violenza – dei valori costituzionalmente sanciti e garantiti giungevano in Calabria attraverso la televisione.
Quei valori che il 12 maggio del 1974 conoscevano uno dei momenti più alti con l'esito del referendum sul divorzio che rigettava la proposta di abrogazione della norma che lo aveva introdotto nel dicembre del 1970.
Sono passati esattamente 35 anni da quel giorno, era un'altra Italia, un'altra società.
La Lazio di Chinaglia e Re Cecconi – quella mirabilmente e non casualmente passata alla storia anche attraverso uno stupendo saggio di Guy Chiappaventi – come la Lazio di “pistole e palloni” proprio quel giorno vinceva il suo primo, storico, scudetto e l'Italia, andando alle urne, dimostrava di esserci, di volerci essere.
35 anni fa per quel referendum andarono al voto oltre l'87% degli aventi diritto.
Il 59,3% dissero “no” alla proposta di abrogazione della legge istitutiva del divorzio.
Tre anni dopo, il 12 maggio del 1977, 32 anni da oggi, per le strade di Roma lasciava in terra con i suoi ultimi respiri sogni e speranze, ideali e passioni la diciannovenne Giorgiana Masi.
Stava manifestando insieme ad altre migliaia di giovani per celebrare proprio il terzo anniversario di quel referendum.
L'Italia, però, era ancora cambiata, in peggio.
Era un'Italia che viveva, che respirava – insieme – violenza e fermenti in una sorta di esplosione incontrollata.
Giorgiana manifestava pacificamente e basta, ma – come detto – in quegli anni il controllo della situazione sfuggiva facilmente ed i morti si contavano quasi quotidianamente, di qua e di là, tra Forze dell'ordine e manifestanti, spesso drammaticamente coetanei, trovatisi a giocare con la vita e la morte in una situazione più grande di loro.
La Calabria, come detto, era lontana da queste dinamiche, viveva altri drammi, i suoi personali, alle prese con sottosviluppo, un grande futuro dietro le spalle e – a Reggio – la prima guerra di 'ndrangheta.
Ma, senza saperlo, il 12 maggio - del '74 e del '77 - cambiava il volto del futuro del nostro Paese, Calabria compresa
Continua” soprattutto se inteso come presa di distanza contemporanea da un certo modo di amministrare lo Stato e la sovversione – attraverso la violenza – dei valori costituzionalmente sanciti e garantiti giungevano in Calabria attraverso la televisione.
Quei valori che il 12 maggio del 1974 conoscevano uno dei momenti più alti con l'esito del referendum sul divorzio che rigettava la proposta di abrogazione della norma che lo aveva introdotto nel dicembre del 1970.
Sono passati esattamente 35 anni da quel giorno, era un'altra Italia, un'altra società.
La Lazio di Chinaglia e Re Cecconi – quella mirabilmente e non casualmente passata alla storia anche attraverso uno stupendo saggio di Guy Chiappaventi – come la Lazio di “pistole e palloni” proprio quel giorno vinceva il suo primo, storico, scudetto e l'Italia, andando alle urne, dimostrava di esserci, di volerci essere.
35 anni fa per quel referendum andarono al voto oltre l'87% degli aventi diritto.
Il 59,3% dissero “no” alla proposta di abrogazione della legge istitutiva del divorzio.
Tre anni dopo, il 12 maggio del 1977, 32 anni da oggi, per le strade di Roma lasciava in terra con i suoi ultimi respiri sogni e speranze, ideali e passioni la diciannovenne Giorgiana Masi.
Stava manifestando insieme ad altre migliaia di giovani per celebrare proprio il terzo anniversario di quel referendum.
L'Italia, però, era ancora cambiata, in peggio.
Era un'Italia che viveva, che respirava – insieme – violenza e fermenti in una sorta di esplosione incontrollata.
Giorgiana manifestava pacificamente e basta, ma – come detto – in quegli anni il controllo della situazione sfuggiva facilmente ed i morti si contavano quasi quotidianamente, di qua e di là, tra Forze dell'ordine e manifestanti, spesso drammaticamente coetanei, trovatisi a giocare con la vita e la morte in una situazione più grande di loro.
La Calabria, come detto, era lontana da queste dinamiche, viveva altri drammi, i suoi personali, alle prese con sottosviluppo, un grande futuro dietro le spalle e – a Reggio – la prima guerra di 'ndrangheta.
Ma, senza saperlo, il 12 maggio - del '74 e del '77 - cambiava il volto del futuro del nostro Paese, Calabria compresa