da http://www.strill.it/ - Uno Stato vive anche di simbologia, di segnali forti, d autorevolezza nel cnfronti dei propri cittadini. E più autorevole è meno autoritario sarà obbligato a diventare.Uno Stato tutela e garantisce l'ordine, soprattutto l'ordine costituito. La forza di uno Stato passa anche per la capacità di dimostrare ad altre forme organizzate ma contrapposte - appunto - all'ordine costituito che, proprio come scandiva un triste (perchè in bocca ai terroristi) slogan degli anni di piombo "nulla resterà impunito".E per tutte le occasioni nelle quali lo Stato non riuscirà a mettere ordine nella ricostruzione dei fatti, ad assegnare responsabilità e sanzioni per questi, un altro ordine - nella fattispecie quello mafioso - avrà vinto-E la mafia sa bene, da sempre, che i cittadini hanno bisogno di riferimenti, di ordine ed in quel clamoroso deficit di offerta che, sul tema, proviene dall'organizzazione statuale ci si infila e sguazza a meraviglia.Uno Stato che in 40 anni non riesce ad avere "soddisfazione" per la strage di piazza Fontana ha perso in partenza.Ed ha perso anche sul piano del segnale che si manda anche alle organizzazioni criminali.Oggi, 40 anni dopo, a Palermo, verrà pronunciata la sentenza relativa alla strage di viale Lazio. Alla sbarra Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.
Pioveva, quel giorno, su Palermo, quando entrò in azione “la nazionale dei killers”, capitanata sul campo da “Binnu u tratturi”ed in regia da “Totò u curtu”.
L'obiettivo era Michele Cavataio, che restò a terra, unitamente ad altre quattro persone, tra cui il cognato “in pectore” di Riina, Calogero Bagarella.
Era il punto esclamativo (il primo di una lunga serie) sull'ascesa dei corleonesi al potere criminale dell'intera Sicilia.
Due giorni dopo esplodeva la bomba di piazza Fontana.
Dopo 40 anni lo Stato...vince...
E mette sotto processo due ultrasettantenni pluriergastolani per mettere la ceralacca giudiziaria su una ricostruzione storica pacificamente accertata ed accettata da anni.
Ma ne vale la pena?
Pioveva, quel giorno, su Palermo, quando entrò in azione “la nazionale dei killers”, capitanata sul campo da “Binnu u tratturi”ed in regia da “Totò u curtu”.
L'obiettivo era Michele Cavataio, che restò a terra, unitamente ad altre quattro persone, tra cui il cognato “in pectore” di Riina, Calogero Bagarella.
Era il punto esclamativo (il primo di una lunga serie) sull'ascesa dei corleonesi al potere criminale dell'intera Sicilia.
Due giorni dopo esplodeva la bomba di piazza Fontana.
Dopo 40 anni lo Stato...vince...
E mette sotto processo due ultrasettantenni pluriergastolani per mettere la ceralacca giudiziaria su una ricostruzione storica pacificamente accertata ed accettata da anni.
Ma ne vale la pena?