“A caddara avi a bugghiri pi tutti”.
Dietro questo apparente principio di uguaglianza rischia di celarsi la madre di tutti gli equilibrismi che è funzionale a tutto tranne che a ciò per cui, in teoria, l’uguaglianza dovrebbe andare a braccetto: la giustizia.
Il Csm, da anni principale responsabile della notte buia in cui è precipitato il potere giudiziario in Italia, per sistema fa finta di non vedere , non sentire e non capire.
In nome di scelte a metà tra la difesa della casta ed il cerchiobottismo suggerito dalle correnti che lo animano (o lo mortificano?) il Consiglio Superiore della Magistratura ha chiuso gli occhi cento e cento volte.
Dovendo essere obbligato a dare ragione ad un uomo con la toga e necessariamente torto ad un altro, l’organo di autogoverno dei giudici di questa patetica Repubblica non ha mai fatto pendere da un lato il piatto di quella bilancia che proprio i magistrati sono chiamati ad attivare.
Attenzione, ad attivare, non a tenere in equilibrio.
Un equilibrio ricercato, spesso, a forza di spinte e controspinte, come un arbitro incerto e nel pallone compensa gli errori da un’area di rigore all’altra.
“A caddara avi a bugghiri pi tutti” ha – in buona sostanza – sentenziato il Csm ogni qual volta ha deciso di non decidere su decine di fascicoli che certificavano veleni e porcherie varie negli uffici giudiziari di mezza Italia, con Calabria e Reggio in testa.
Non sono poche le iniziative giudiziarie che hanno trovato l’unica conclusione all’interno di fascicoli disciplinari che giacciono da anni al Csm. Stanno lì a prender polvere in attesa che qualcuno si decida ad analizzarli ed a sancire le ragioni di uno ed il torto dell’altro quando si tratta – spesso – di magistrati l’un contro l’altro o se comportamenti fuori dalle righe sono ascrivibili a togati indipendentemente dall’attrito con colleghi.
Nessuno muove, in una sorta di immobile bilancia, protesa in ogni suo respiro ad evitare sbalzi. Un equilibrio garantito proprio da quelle correnti che sanno perfettamente che “oggi evitiamo il sacrificio di uno dei miei e domani di uno dei tuoi”, così a “caddara continua a bugghiri pi tutti”.
Magistrati da trasferire immobilizzati nelle medesime sedi da decenni, altri da sanzionare – bene che vada – sul piano disciplinare ignorati; tutto fermo, liscio, uguale, uniforme proprio come il bordo della caddara che, per un attimo, qualcuno ha pensato che potesse essere rovesciata dal caso De Magistris.
La clamorosa ribalta mediatica della vicenda, una lite da pollaio goffamente camuffata – con sprezzo del ridicolo - da diatriba tecnico-giuridica ha reso impossibile porre in essere l’attività che meglio riesce al Csm: l’immobilismo più assoluto, in una sorta di tragico un-due-tre stella.
Dovendo necessariamente intervenire e, quindi, dovendo gioco forza attribuire delle responsabilità a qualcuno, il Consiglio Superiore della Magistratura si è letteralmente superato: a Palazzo dei Marescialli hanno rapidamente compreso che, partendo da quel presupposto, l’equilibrio poteva essere garantito solo dando torto – e quindi ragione – ad entrambi i contendenti.
Bacchettate a Salerno e bacchettate a Catanzaro (ma un po’ di più a Salerno, meglio mandare un segnale a chi non si è fatto gli affari propri e ci ha messo in questa odiosa situazione, avranno pensato al Csm), come l’arbitro che non ci ha capito niente di una rissa o – peggio – non vuole scontentare nessuno e sventola il cartellino rosso sotto il naso di entrambi i contendenti.
Sono bravi, a Roma; c’è poco da aggiungere, solo applausi. Come riescono a fare “bugghiri a caddara per tutti” loro non ci riesce nessuno.
Intanto l’Anm, per bocca del suo massimo rappresentante Palamara, festeggia con un grottesco comunicato che segnala come “il sistema abbia dimostrato di avere gli anticorpi”.
Un fatto è certo: con questa decisione – di fatto – il Csm non ha spiegato al Paese (e nemmeno lontanamente aveva intenzione di farlo) se De Magistris sia impazzito – e con lui la Procura di Salerno – o se la gestione degli uffici giudiziari di Catanzaro fosse stata improntata a guarentigie, privilegi e violazioni di legge inaccettabili in qualunque paese civile post-medievale.
Non ce lo hanno detto.
Anche stavolta “a caddara avi a bugghiri pi tutti”.
In maniera perfettamente uguale e antidiscriminatoria.
Con buona pace anche di Salvo Lima che – almeno – su quella frase potrebbe vantare, se fosse in vita, i diritti d’autore…
Dietro questo apparente principio di uguaglianza rischia di celarsi la madre di tutti gli equilibrismi che è funzionale a tutto tranne che a ciò per cui, in teoria, l’uguaglianza dovrebbe andare a braccetto: la giustizia.
Il Csm, da anni principale responsabile della notte buia in cui è precipitato il potere giudiziario in Italia, per sistema fa finta di non vedere , non sentire e non capire.
In nome di scelte a metà tra la difesa della casta ed il cerchiobottismo suggerito dalle correnti che lo animano (o lo mortificano?) il Consiglio Superiore della Magistratura ha chiuso gli occhi cento e cento volte.
Dovendo essere obbligato a dare ragione ad un uomo con la toga e necessariamente torto ad un altro, l’organo di autogoverno dei giudici di questa patetica Repubblica non ha mai fatto pendere da un lato il piatto di quella bilancia che proprio i magistrati sono chiamati ad attivare.
Attenzione, ad attivare, non a tenere in equilibrio.
Un equilibrio ricercato, spesso, a forza di spinte e controspinte, come un arbitro incerto e nel pallone compensa gli errori da un’area di rigore all’altra.
“A caddara avi a bugghiri pi tutti” ha – in buona sostanza – sentenziato il Csm ogni qual volta ha deciso di non decidere su decine di fascicoli che certificavano veleni e porcherie varie negli uffici giudiziari di mezza Italia, con Calabria e Reggio in testa.
Non sono poche le iniziative giudiziarie che hanno trovato l’unica conclusione all’interno di fascicoli disciplinari che giacciono da anni al Csm. Stanno lì a prender polvere in attesa che qualcuno si decida ad analizzarli ed a sancire le ragioni di uno ed il torto dell’altro quando si tratta – spesso – di magistrati l’un contro l’altro o se comportamenti fuori dalle righe sono ascrivibili a togati indipendentemente dall’attrito con colleghi.
Nessuno muove, in una sorta di immobile bilancia, protesa in ogni suo respiro ad evitare sbalzi. Un equilibrio garantito proprio da quelle correnti che sanno perfettamente che “oggi evitiamo il sacrificio di uno dei miei e domani di uno dei tuoi”, così a “caddara continua a bugghiri pi tutti”.
Magistrati da trasferire immobilizzati nelle medesime sedi da decenni, altri da sanzionare – bene che vada – sul piano disciplinare ignorati; tutto fermo, liscio, uguale, uniforme proprio come il bordo della caddara che, per un attimo, qualcuno ha pensato che potesse essere rovesciata dal caso De Magistris.
La clamorosa ribalta mediatica della vicenda, una lite da pollaio goffamente camuffata – con sprezzo del ridicolo - da diatriba tecnico-giuridica ha reso impossibile porre in essere l’attività che meglio riesce al Csm: l’immobilismo più assoluto, in una sorta di tragico un-due-tre stella.
Dovendo necessariamente intervenire e, quindi, dovendo gioco forza attribuire delle responsabilità a qualcuno, il Consiglio Superiore della Magistratura si è letteralmente superato: a Palazzo dei Marescialli hanno rapidamente compreso che, partendo da quel presupposto, l’equilibrio poteva essere garantito solo dando torto – e quindi ragione – ad entrambi i contendenti.
Bacchettate a Salerno e bacchettate a Catanzaro (ma un po’ di più a Salerno, meglio mandare un segnale a chi non si è fatto gli affari propri e ci ha messo in questa odiosa situazione, avranno pensato al Csm), come l’arbitro che non ci ha capito niente di una rissa o – peggio – non vuole scontentare nessuno e sventola il cartellino rosso sotto il naso di entrambi i contendenti.
Sono bravi, a Roma; c’è poco da aggiungere, solo applausi. Come riescono a fare “bugghiri a caddara per tutti” loro non ci riesce nessuno.
Intanto l’Anm, per bocca del suo massimo rappresentante Palamara, festeggia con un grottesco comunicato che segnala come “il sistema abbia dimostrato di avere gli anticorpi”.
Un fatto è certo: con questa decisione – di fatto – il Csm non ha spiegato al Paese (e nemmeno lontanamente aveva intenzione di farlo) se De Magistris sia impazzito – e con lui la Procura di Salerno – o se la gestione degli uffici giudiziari di Catanzaro fosse stata improntata a guarentigie, privilegi e violazioni di legge inaccettabili in qualunque paese civile post-medievale.
Non ce lo hanno detto.
Anche stavolta “a caddara avi a bugghiri pi tutti”.
In maniera perfettamente uguale e antidiscriminatoria.
Con buona pace anche di Salvo Lima che – almeno – su quella frase potrebbe vantare, se fosse in vita, i diritti d’autore…