E' un Paese che non mi piace più.
Una volta non mi piacevano le dinamiche di concezione e gestione dei rapporti pubblico-privato al Sud. Ora non mi piace in tutto il Paese.
Sciascia auspicava, anni fa, una sorta di italianizzazione della Sicilia e del Sud. Bene, è accaduta la meridionalizzazione dell'Italia.
E ciò è accaduto nella parte becera che il Sud (come ogni popolazione) si porta appresso.
E' saltato, in Italia, il sistema delle regole. Etico-morali prima e normative dopo.
In Italia, come già al Sud da un bel pezzo, è passato il principio che in qualche modo sia tutto possibile; che, insomma, vale tutto, come facevamo da ragazzini alla fine, negli ultimi minuti di un'interminabile partita al pallone.
L'etica è piegata all'interesse, la norma è modellata sull'obiettivo da raggiungere.
E' un Paese, il nostro, dove, ormai, i ruoli sono stati travolti. E' un Paese dove i politici fanno gli affaristi, i Giudici fanno politica ed i giornalisti si ergono a Giudici.
E' un Paese dove ad ogni minima occasione si sceglie di normare non normando. Ampliando, cioè, il margine di discrezionalità a dismisura. E così assistiamo - e non accade solo nelle aule di Tribunale- a due pesi e due misure, ma anche a venti pesi ed altrettante misure.
E' un Paese nel quale ciascuno fa ciò che vuole.
Chi governa, chi amministra la giustizia, chi opera nei mercati.
Somiglia sempre più ad una giungla dove vige solo la legge del più forte, dove chi è in condizione di battere più forte i pugni sul tavolo ha la meglio.
E' un Paese, appunto, dove si permette, sotto elezioni, alla Chiesa di dire la propria ogni giorno per orientare il voto del prossimo aprile.
Oggi è la mia prima festa del papà e vorrei tanto dire a lei "Scappa, figlia mia, scappa, che papà ti aiuta"