Ci troviamo a valutare, a commentare l'ennesima tragedia.
Ma stavolta, sia ben chiaro, il calcio non c'entra nulla.
L'episodio dell'area di servizio di Arezzo non va sopravvalutato nella sua portata generale, ma, comunque, indica un dato ormai ineludibile; tra i mille problemi che attanagliano il Paese e che, negli anni, la classe politica ha lasciato marcire ed ingigantire, quello relativo alla sicurezza, al disagio giovanile, alla maleducazione, alle sanzioni inadeguate, ad un'educazione che, nella sua inefficacia è pari solo alla repressione, ce n'è un altro che fa da detonatore a tutte queste micce accese contemporaneamente.
Diciamolo a chiare lettere: la Polizia italiana è inadeguata, per numero e, talvolta, anche per preparazione. Il rigore morale con il quale il capo della Polizia, Manganelli (nome omen...) sta affrontando la tragedia di Arezzo è esemplare, ma resta il fatto che sempre più spesso i rappresentanti delle Forze dell'Ordine sono impreparate, anche sul piano emotivo a gestire l'emergenza, almeno quando sono lasciati a loro stessi, a decisioni improvvise.
Diverso, come nel caso dell'assalto a Roma, l'approccio se il coordinamento regge (anche se la storia ci ha insegnato che anche in casi analoghi talvolta il sistema non regge - vedi G8).
Ma su una casa che brucia (leggi criminalità e vandalismo diffusi nel Paese) la sensazione è che dalle pompe di chi dovrebbe spegnere l'incendio spesso esca benzina.
E tutto ciò sulla coscienza ce l'ha chi, anno dopo anno, ha tagliato i fondi per istruire, gestire, migliorare chi va sulle strade.
Che molto, troppo spesso, è solo con sè stesso e la sua incapacità